amaca
[a-mà-ca, freq. ma non corretto à-ma-ca] s.f. (pl. -che)
Lettino
pensile in rete o tela, generalmente sospeso tra due alberi, pali e simili …
L’amaca è uno spazio, un lettino pensato per distendere e far riposare il
corpo, un po’ come un divano o una poltrona, ma più speciale, particolare,
originale. Il suo fascino viene da lontano, da un mondo appeso sul filo
immaginario del tropico del cancro, un mondo che crediamo di aver scoperto noi e
che invece preesisteva e ci sopravvivrà.
Colombo vide che ‘era cosa buona’ e da allora i marinai poterono sollevare i loro sonni dal pavimento. Sì, perché l’amaca è un giaciglio pensile, è una terra di mezzo tra il suolo e il soffitto, dove è più facile stare al riparo dalle malattie e dagli insetti, dove si perdono di vista -anche se solo di poco- le grane quotidiane e si guadagnano centimetri buoni per scoprire Dio.
Mi piace l’amaca, mi piace l’idea dell’amaca, il fatto di ondeggiare, di
muoversi sapendo di tornare al punto di partenza, ciclicamente, dolcemente.
Credo che sia una delle metafore più potenti della condizione umana, del limbo
in cui giace ognuno di noi nel corso della propria esistenza.
Sono i pensieri - di qualunque ‘genere
e numero’ – che ci sollevano, ci cullano e ci lasciano penzolare beatamente tra
realtà e desideri di gloria, tra sconforto e meravigliose speranze. E quelli più
belli, quelli più puri, fungono addirittura da rimedio contro la confusione che siamo abituati a generare e il male che siamo in grado di infliggerci.
“Il potere della mente muove questa barchetta sospesa e dà nutrimento all’anima.”
Io la penso così.
Ah! Io sono Suzanne e questo blog è la mia àmaca, con l'accento sulla prima a, perchè ci sono abitudini sbagliate che non ho proprio voglia di correggere.
Ah! Io sono Suzanne e questo blog è la mia àmaca, con l'accento sulla prima a, perchè ci sono abitudini sbagliate che non ho proprio voglia di correggere.
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